Una società senza psiche? Imparare il rifiuto.


La società è lo specchio dell’individuo? E’ un momento storico davvero particolare. Appare evidente a tutti che il bisogno di possedere oggetti materiali (cellulari, auto, computer, abiti, etc) sia direttamente collegato al vuoto affettivo vissuto da molte persone.

I bisogni, sempre inseguiti e mai raggiunti, si sostituiscono a quelle esigenze affettive e umane che sono il fondamento dell’esistenza.

Società e individuo sono interconnessi. Siamo immersi in un sociale che ci vede spesso nemici (in fila al supermercato, alle poste o nel traffico); è sempre più difficile “condividere”, ma siamo sempre più “divisi”.

Spesso mi trovo a riflettere su quanto mi circonda e cerco di capire cosa può essere “terapeutico” per il singolo, per il gruppo (familiare, scolastico, di lavoro etc.) e per la società.

Allora ripenso alle tante letture nel lungo cammino di studio intrapreso e al percorso terapeutico personale. Certamente è fondamentale il rifiuto. La possibilità di attuare il rifiuto come primo momento della conoscenza, si lega al concetto che il primo rifiuto da attuare è quello (insieme alla separazione e frustrazione) da proprie situazioni interiori di anaffettività, di bramosia e di invidia. Quindi liberazione da proprie situazioni interiori cieche e scisse. Rifiuto che è affermazione di sé e non negazione del mondo. Il primo momento di conoscenza comprende il rifiuto del non essere. Studiare, conoscere, curarsi, cambiare.

La psicoterapia porta l’uomo a realizzare la propria storia come passato, fuori dalla ripetizione. Dopo la separazione dal passato ripetitivo, il soggetto non crede più alla realtà aggressiva e annullante della situazione, che è diventata ricordo e non la teme.